venerdì 15 agosto 2014

3 ore


'Ma come sei vestito?'
'Certo in questa casa è sempre tutto uguale. Non hai cambiato un mobile, un quadro.'
'Scrivi male. Tutti questi punti negli sms, dovresti usare più segni di interpunzione.'
'Che fame! No, quegli antipasti non mi piacciono. Per fortuna che ho portato le patatine!'
'Comunque qui hai bisogno che ti aiuti. Prima di tutto bisogna cambiare il tessuto del divano perché è orrendo.'
'Che sete! Apri una birra? Ah, hai solo un Greco di Tufo?'
'Non è un problema di misurazione della performance, tanto voi dipendenti pubblici vi limate le unghie a lavoro.'
'Ah, hai deciso di riprendere a studiare? Vabbe', ma poi a che ti serve?'
'Questo vino mi ha già dato alla testa, più di mezzo bicchiere non ne bevo.'
'E perché usi una grattugia come soprammobile?'
'Vorresti trarre un libro dai raccontini? Ma ne scriverai altri, giusto? Perché quelli già sul sito, insomma...'
'No, guarda, anche se hai già preparato tutto io più di un piatto di pasta non prendo.'
'Mi fai vedere le foto? Ma c'hai sempre lo stesso vestito ai matrimoni?'
'Devo andare. Ci rivediamo presto!'

'Contaci. Ti chiamo io.'

martedì 12 agosto 2014

Il viale e la cava ovvero "L'attimo fuggente"


Nell'89 avevo 14 anni. La prima volta che andavo al cinema da solo, senza i miei genitori. L'appuntamento con gli amici era al Cinema San Michele in centro, spettacolo delle 18.

Io abitavo in periferia, nel quartiere detto Far West, e la nomea non era dovuta alle balle di fieno rotolanti nel deserto, quanto piuttosto ad una primitiva gestione del diritto di proprietà e della giustizia.

Avevo due strade davanti. Quella breve attraverso la vecchia cava abbandonata, una lenta discesa tra massi, polvere e rovi che dalla zona leggermente sopraelevata mi avrebbe portato direttamente al lungomare. E quella lunga che seguiva il viale alberato, passava davanti alla scuola elementare e dopo una sfilza di negozi confluiva nel lungomare. Scelsi la lunga.

Nel buio della sala iniziammo a rumoreggiare. Si esibì il mio amico Gozzilla, detto così per i rutti poderosi, e qualcun altro raccontò quella divertentissima barzelletta di Pierino e non so chi. Volarono anche schiaffi da parte di qualche adulto spazientito, lo immaginai dalla chiara successione di schiocchi. Ma fu solo per pochi minuti. Fummo subito ridotti al silenzio, le pagine del libro strappate conquistarono la nostra incondizionata attenzione e quando salì in piedi sui banchi ad accompagnarlo c'era un coro di bocche spalancate di stupore e ammirazione, nello schermo e nella sala.

Non sono sicuro di aver capito il film e il messaggio che portava, però ricordo bene l'euforia successiva. Senza neanche salutare mi avviai deciso verso casa. Giunto al bivio neanche decisi perché la scelta non si poneva. Abbandonai la strada illuminata per arrampicarmi lungo il sentiero buio e polveroso.

Scivolai diverse volte accompagnato da ululati di coyote, rovi desiderosi di avvolgersi alle mie gambe e da leggende metropolitane che si susseguivano nei miei pensieri. In cima, alla luce dei cancelli dei primi palazzi del mio quartiere, sporco, sudato e graffiato, risi a pieni polmoni dei rimproveri che avrei ricevuto tornato a casa.

Mi voltai per un attimo, di sfuggita e per l'ultimo volta.
Proseguii diritto.


domenica 10 agosto 2014

Era lunga


In un campo di calcetto a metà degli anni '90 il mediano intercetta un passaggio orizzontale troppo molle. Alza la testa e lancia sulla fascia sinistra l'ala che prima ancora che la palla parta già s'invola. Impatta la traettoria sulla tre quarti e calcia di prima, di interno sinistro, leggermente a giro. Il pallone corre veloce verso il centro dell'aria di rigore. La squadra avversaria presa in contro tempo fatica ad organizzare la difesa. Nello smarrimento generale fulmineo si inserisce l'attaccante, prende un passo allo stopper e sul dischetto si coordina per il tiro.

La palla ruota su se stessa sfiorando il campo in gomma. Come una rasoiata taglia il semicerchio dell'area di rigore e la difesa. Taglia anche riflessioni e desideri dell'attaccante, dell'ala e del mediano che nell'attimo di attesa prima del fatale impatto hanno il tempo di pensare.

Il mediano pensa al torneo universitario iniziato per scherzo perché in palio c'è un viaggio in Croazia. Pensa al testo di filosofia ermeneutica di cui capisce poco, su cui ha passato l'inverno chiuso in casa. Pensa a quello che l'ha bocciato, consigliandogli, alla sua età, di cercarsi un lavoro. Pensa al fatto che in quel momento, all'ultima partita, sono in testa al girone. Pensa alle croate.

L'ala pensa al paesino del sud dal quale è arrivato l'ottobre prima. Pensa alla nebbia che non aveva mai visto, ai mesi passati a mangiare pasta col tonno in scatola e ai chilometri in bicicletta per andare a lezione. Pensa agli amici di giù che non vede da troppo. Pensa che basta un pareggio e si finisce primi. Pensa alle croate.

L'attaccante pensa al 30 preso la settimana prima in Diritto privato, lo stronzo neanche gli ha dato la lode. Pensa al Giangi e al Pigi da chiamare per organizzare il weekend ad Amsterdam. Pensa ai gol fatti e alla classifica cannonieri affissa in bacheca all'università in cui primeggia. Pensa alla biondina conosciuta la sera prima al Porto di Mare.

La palla rimbalza sul campo e veloce schizza verso l'attaccante. Lo stopper da dietro tenta con goffa scoordinazione un recupero impossibile. Il portiere, consapevole del peggio, si piega sulle ginocchia per rendere con un atletico tuffo almeno onorevole la disfatta.

L'attaccante decide di calciare di destro. Con maestria rallenta, si appoggia all'esausto difensore per sfruttarlo come appoggio per il successivo slancio. Fa leva sul potente polpaccio sinistro, scolpito dallo sforzo, e lancia la zampata.

La palla dopo il rimbalzo, spinta dalla forza di gravità e dal destino, cade verso l'interno destro proteso dell'attaccante. Una spizzata potente che precisa andrà ad insaccarsi nell'angolo alto alla sinistra del portiere, pensano il mediano, l'ala e l'attaccante.

La palla colpisce il piattone e si indirizza decisa. Il portiere, spiazzato, si tuffa, ma dal lato sbagliato. La palla gira su se stessa, acquista velocità, punta verso l'alto.

Gira un po' troppo, si impenna eccessivamente, veloce e potente s'infrange sul muro dietro la porta, due metri sopra la traversa.

L'attaccante impiega un secondo prima di voltarsi e iniziare la leggera corsa verso il centrocampo. Incrocia con lo sguardo il mediano e l'ala, silenti e abbattuti.

“Era lunga”, dice seccamente. Una goccia di sudore gli scende lungo la tempia.

mercoledì 6 agosto 2014

Il giubbotto con la pelliccia


Lo incontro la prima volta in una fredda sera di febbraio di molti anni fa. Cerco un coinquilino per dividere l'appartamento e si presenta lui. Pingue, camicia a fiori aperta sino al quarto bottone e capello lungo non curato.  Neanche si toglie il giubettino con pelo nei risvolti che dopo una breve occhiata all'appartamento, due camere più cucina e bagno microscopico, deciso mi dice:
“A posto. Da lunedì mi trasferisco.”
“Starei ancora vedendo persone, ti faccio sapere”.
“Arrivo nel tardo pomeriggio”. E arriva davvero.

Sornione trascorre quasi tutto il tempo in casa, tra insaccati piccanti e studio del diritto. Generoso non esita a condividere tutto ciò che ha. Dalla salsiccia, tagliata a pezzettoni grossi, alle nozioni giurisprudenziali che ti investono senza possibilità di salvezza. Questo fare affabulatorio funziona in particolare con le ragazze, stordite dal capocollo e dalle fattispecie non resistono al suo fascino.

Sex machine, si inizia a chiamarlo. Per scherzo, per invidia, per ammirazione.

Le affollate feste che nel minuscolo appartamento prendono corpo sono il suo preferito territorio di caccia. Perenne bicchiere di vino in mano, rigorosamente aglianico, vola di fiore in fiore.

Sino ad una sua festa di compleanno, alcuni anni dopo. 'Viene una che ho conosciuto al lavoro', dice. Stavolta non vale, pensiamo, vuole vincere facile. Si chiacchiera, si beve, ad una certa ora si finisce in locale a ballare. 

'Oh, ho visto Sex con una dietro un cespuglio - dice un amico trafelato – si tenevano per mano'. 
In quel preciso istante tutto si sospende, anche il deejay ferma la musica e le luci si accendono. 
'Come per mano? La palpava con l'altra però? Limonavano?'. 
'No, per mano e basta, seduti su una panchina'.

Si iscrive in palestra poco dopo, perde peso, si taglia i capelli. “Grigliata al parco con gli amici?”, “No, ho un impegno pregresso e contestualmente sto seguendo un regime alimentare meno calorico”. “Ordiniamo un rosso di giù, quelli tipo petrolio?”, “No, guarda preferisco orientarmi per un rosè frizzante e fresco”. Indossa spesso capi firmati, sul lavoro è sempre in completo impeccabile. Il giubbotto con la pelliccia inizia ad ammuffire nell'armadio.

Un giorno accade l'irreparabile. Consulto tra amici e gli proponiamo una gita al mare in riviera, di quelle che chi guida, estratto a sorte, è l'unico che ricorda. “Mi dispiace, non posso – risponde  – proprio domenica a Forlì c'è una mostra di piante grasse imperdibile”. Silenzio.

'Per un po' mi trasferisco da lei - mi dice qualche mese dopo – per ragioni fiscali mi conviene spostare il domicilio'. Porta via tutto, i completi, i testi di diritto e il geranio. Dimentica a casa il giubbottino, quello con la pelliccia.

“Di chi è questo giubbotto?”, mi chiede il nuovo coinquilino.
“E' di Sex”
“Chi è Sex?”
“Sex è morto, bello, sex è morto”.


sabato 2 agosto 2014

2 agosto


Sono arrivato tardi, lo ammetto. In realtà neanche ci stavo andando.
Poi però, mentre in bici ero in via Marconi, sarà stata la forza di gravità, il ricordo di altre volte in cui ho fatto parte del servizio d'ordine, le parole dell'anno scorso della Boldrini che ancora mi commuovono, all'improvviso mi sono trovato lì. 
All'angolo con il viale, tra vigili rossi in viso con i gonfaloni sottobraccio, una signora trolley-munita  parlava al cellulare: 'e che ne so? me pare che c'è sta na manifestazione contro il fascismo'. 
In piazza invece trovo un amico con l'occhio lucido che lavora, gratis, di sabato mattina per raccontare questo momento.
Perché raccontando si ricorda e finchè si ricorda loro non vinceranno.